Come si diventa re dei taralli? Con il duro lavoro, una certa faccia tosta e con la capacità di vedere lì dove gli altri non vedono. Questa è la storia di Giuseppe Fiore, imprenditore 70enne alla guida di Fiore di Puglia, azienda leader nel settore dei taralli. Partito dal forno di famiglia, è riuscito a portare sulle tavole di tutto il mondo uno dei prodotti da forno – oggi – più celebri del tacco d’Italia.

Tre semplici ingredienti. L’olio, il vino e la farina, simboli di una terra ricca di qualità enogastronomiche. Tuttavia, all’inizio degli anni settanta, il tarallo era sconosciuto in Italia e in Puglia veniva sfornato principalmente durante le feste: a Pasqua con i semi di finocchio, a Natale con il pepe e dolce, con una glassa di zucchero. Nel 1971, terminato il servizio militare, Giuseppe Fiore si rende conto che è arrivato il tempo giusto per far conoscere il tarallo agli italiani. Torna ad Andria, dove la sua famiglia gestiva un forno, e chiede di potersi ritagliare un piccolo spazio all’interno della bottega per iniziare a produrli e, ai classici ingredienti ci aggiunge acciughe, olive e cipolle nostrane. Li porta alle luculliane feste di matrimonio pugliesi e vanno subito a ruba: è il momento di fare il grande salto. Milano e Torino in quegli anni pullulano di immigrati del sud e sono il gancio giusto per portare il tarallo nelle gastronomie del nord Italia. La prima è la meneghina Il Salumaio, in via Montenapoleone. Il giovanissimo Giuseppe inizia a girare per le fiere del settore. «La prima a Parma – racconta – e non vedevo altro che grissini. Mi chiesi perché i taralli, così semplici, genuini e gustosi, non avevano la stessa fortuna?». La scelta vincente è quella di declinare il tarallo con i sapori della terra dove sarebbero poi finiti sugli scaffali. A Genova li arricchisce col pesto, in Toscana li confeziona con poco sale, in Veneto utilizza l’amarone.

Le richieste aumentano e il piccolo forno non basta più. Si stacca dall’attività dei genitori e da Andria si sposta a Corato, in uno stabilimento in periferia. È il 1990 e Fiore continua a sfornare taralli con gusti sempre nuovi: al formaggio, ai funghi e alle verdure. Per testarli li offre gratis ai dipendenti di un vicino centro di distribuzione. Intanto il volume d’affari aumenta, i fatturati crescono e i taralli sono venduti in tutto il mondo. Nel 1993 nasce Fiore di Puglia che conserva, nel marchio, quei tre semplici ingredienti: l’ulivo, la spiga di grano e il grappolo d’uva. «Sulla prima etichetta ci aggiunsi l’originale, perché ho sempre creduto nelle potenzialità di questo prodotto» Nel 1997 il modesto laboratorio è ormai diventato un’azienda da 10 miliardi di fatturato l’anno. Le grandi aziende agroalimentari iniziano ad affacciarsi alla porta dell’imprenditore pugliese e fioccano le offerte ma Fiore non vende, così legato alla sua creatura. «Fui convocato da Barilla nella loro sede – dice pescando tra i ricordi – e quando mi misero davanti il contratto da firmare dissi: “devo andare a spostare la macchina”, anche se non avevo nessuna auto da spostare. Voleva dire che sarei andato via senza firmare e da allora, ogni volta che recito questa frase, chi è con me sa che voglio tagliare corto».

È negli anni novanta che arriva un’altra grande intuizione. I taralli si vendevano in buste di plastica trasparenti da mezzo chilo. Fiore diminuisce la grammatura e il trasforma in snack facili da trasportare e da mangiare, come le patatine. Un formato che diventerà popolarissimo, soprattutto negli autogrill dove Fiore entra grazie ad uno stratagemma. «Riuscii a convincere i buyer di Autogrill ad acquistare un quintale di taralli da distribuire in quattro aree di servizio qui in Puglia. Mandai gli amici ad acquistare tutte le confezioni, così mi assicurai diverse forniture in attesa che il prodotto conquistasse il pubblico». Oggi Fiore di Puglia è presente su tutta la rete autostradale, sforna giornalmente 200 quintali di taralli, dispone di tre unità produttive tutte a Corato e nel 2022 ha chiuso con 13 milioni di fatturato. Giuseppe Fiore, insignito nel 2005 con una laurea honoris causa in scienze aziendali e diventato Maestro del Commercio nel 2023, ha 70 anni e ha passato il testimone ai suoi quattro figli, ognuno con compiti specifici. Ogni giorno è lì in ufficio, innamorato del suo lavoro come cinquant’anni fa. «Per avere successo bisogna avere tre cose: passione, volontà e umiltà. Me lo hanno insegnato i miei genitori». Tre come i semplici ingredienti che hanno dato il via alla sua grande sfida: far conoscere il tarallo a tutto il mondo.

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